venerdì 29 luglio 2011

Bhutan parte I

Visto che questo Paese mi è piaciuto proprio ma proprio tanto ve lo racconto un po' meglio.
Anche perché una volta, quando ancora si facevano le foto con i rullini, e costava più soldi e fatica farle e svilupparle, uno ogni tanto tirava fuori gli album e li faceva vedere agli amici rivivendo quei ricordi.
Ora che siamo tutti sempre di fretta non credo si riesca più a passare una o due ore a raccontare una vacanza, con foto e informazioni che sono a portata di click per tutti. O forse siamo solo noi che stando tanto all'estero abbiamo così poche serate da passare con gli amici al rientro in Italia e così tante cose da dirci... Comunque, se lo scrivo qui potrò venirmi a riguardare le foto quando ne avrò voglia e poi magari, chi lo sa, a qualcuno interessa, visto che non si trovano poi così tante informazioni sul Bhutan.

Cominciamo dal principio.
Con il volo Drukair da Kathmandu a Paro ci siamo lasciati alle spalle non solo in Nepal ma buona parte del Mondo.

Si perché, appena messo il naso fuori dall'aereo sembrava di essere in una sorta di Eden: tutto così calmo e quieto che sembrava surreale.

In tutti gli aeroporti è di regola l'affanno. Affanno aeroportuale lo chiamerei, e direi che è una caratteristica mondiale: l'affanno e la fretta ti perseguitano mentre prendi le borse dalla cappelliera, per il corridoio dell'aereo, affanno mentre scendi per le scalette, per i corridoi dell'aeroporto fino alla coda affannosa e estenuante del controllo passaporti. Anche la temperatura dà affanno di solito, pensateci un attimo. O fa caldissimo o freddissimo. Ma tu stai camminando di fretta e tutti davanti e dietro di te camminano di fretta e non puoi svestirti ne vestirti perché sei come in un vortice.
Ovunque. ma non in Bhutan.
In tanti aeroporti, soprattutto in Asia, si scende dall'aereo a piedi e si cammina in mezzo all'aeroporto, ma sempre con l'affanno. In Bhutan siamo scesi tutti con calma e relax. Già infusi di quella magica atmosfera di cui vi parlavo nel post precedente. L'aeroporto era tranquillo come non ne ho mai visto uno, neanche l'aeroporto-capanna di Santo Domingo gli si avvicina lontanamente.
Siamo scesi dalla scaletta e abbiamo comminato verso la bellissima costruzione della dogana e ritiro bagagli,
abbiamo guardato il cartellone di benvenuto e quello con le foto dei 5 Re del Bhutan,

fermandoci a fare foto o a guardare i controllori in gonnella (non nel senso di donne, erano proprio uomini in gonnella). Una gonnella spartana e allo stesso tempo elegante. Non come le gonne degli scozzesi che fanno senso di assurdo e anche brutto con quelle ginocchia pelose al vento e tutte attillate che fanno ridere, né come le ultime novità da passerella su cui stenderei un velo pietoso.

I bhutanesi hanno l'obbligo di vestire in modo formale negli uffici pubblici, nei templi, nelle scuole e in tante altre occasioni così che la maggior parte della gente usa l'abito tradizionale quasi sempre: una sorta di vestito con una cintura in vita, chiuso tipo vestaglia nella parte superiore e che forma una gonna paffutella che arriva appena sotto le ginocchia, senza però lasciarle vedere. Poi hanno una camicia bianca al di sotto, che ha delle maniche lunghissime che vengono ripiegate su quelle del vestito, all'esterno, in modo da formare un polsino lungo una ventina di centimetri che simboleggia la purezza. A questa specie di camicia può anche venire alzato il colletto, sempre bianco, in modo da formare un doppio colletto, quello dell'abito in colore a scelta all'esterno, e quello bianco della camicia che resta più sollevato all'interno. Il colletto della camicia si alza in segno di rispetto. Per ancora più rispetto si aggiunge una sciarpa in diagonale di colore bianco per le persone comuni, giallo per i ministri, rossa per il Re, che si usa all'interno dei templi, in occasioni speciali o in presenza di persone importanti. E poi ci sono i calzini, lunghi fino a sotto le ginocchia e di colore blu scuro.
Sono così carini e allo stesso tempo sobri!
p.s. la bottiglietta non fa parte del costume eh...

Una volta entrati nell'edificio, lavoranti e controllori ti indirizzano con sorrisi al controllo passaporti, dove ho avuto l'unico momento di panico di tutta la permanenza in Bhutan: il mio passaporto aveva solo 2 pagine vuote, e le aveva per miracolo nepalese (due timbri nella stessa pagina che ne aveva già uno indonesiano) e miracolo indonesiano (un visto vecchio strappato e pagina 'riciclata' - miracolo costato non poco, tra l'altro! hihihi...). Io ero tutta tranquilla perché con due pagine vuote ero in regola e invece il doganiere (in gonnella - uomo) mi fa una cazziata perché le pagine vuote avrebbero dovuto essere una vicino all'altra!
Ho quasi temuto che mi rispedisse in Nepal!!

Poi siamo usciti dall'aeroporto e abbiamo conosciuto Rinchen, la nostro guida, e Karma, l'autista. Ci hanno dato il benvenuto regalandoci una sciarpa bianca e portandoci in hotel per un rinfrescata. Di lì a poco cominciava il nostro tour in Bhutan!
Alla prossima puntata!

3 commenti:

  1. Sono praticamente tibetani di etnia, religione e costumi. Solo che le donne si tagliano i capelli in modo buffo.
    La "gonna" è la chuba. La sciarpa bianca è la kata, che ha stampate sopra (di solito) delle preghiere e i simboli di buon auspicio.
    Capito perché a me i tibetani continuano ad essere simpatici (anche se sono delle lenze)? E mi mancano?

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  2. Heilà, sei ancora lì? Hai assistito al matrimonio reale? Dai, dai, raccontami un po' di gossip nell'unico Paese al mondo con l'Indice di Felicità dei sudditi! :-)

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  3. Bello l'abito e carino l'aereoporto!

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